Frate Domenicano, Filosofo eretico, poeta, astrologo e mago avventuriero, Tommaso Campanella é l’uomo per il quale l’universo era “Li teatri e scene nelle quali rappresenta il senno eterno tanti gran giochi di rote sopra ruote…”.
Nella campagne di Stilo, a Stignano, uno dei casali del piccolo paesino Ionico della Calabria, terra afflitta dal malgoverno Spagnolo, dalle calamità naturali e dalle scorrerie Turche, nasce il 5 Settembre 1568 in una casa, dove per far luce si accendeva un fascio di ristoppie, da Giovan Domenico Campanella, da Geronimo, ciabattino analfabeta ma saggio, e da Caterina Martello, un’intelligente contadina con tanti figli da accudire. Il piccolo Giovan Domenico, assetato di una voglia insaziabile di conoscere e scoprire, cresce con i racconti paterni attorno al focolare domestico, dai quali intuisce che la possibilità di apprendere passava, così come avveniva fino a pochi decenni prima, attraverso la chiesa.
Precocissimo, brucia in lui la sete di sapere : ammaliato dall’eloquenza di un frate Domenicano, a 13 anni entra nell’ordine dei predicatori, e diventa frate Tommaso. I suoi maestri delle discipline grammaticali, filosofiche e teologiche iniziano ad alimentare forti dubbi nel giovane dotato di forte intuito: “Campanella, Campanella, tu non farai buon fine” dice il maestro dei novizi al Domenicano dall’ingegno vivace, che nelle sue poesie scriveva : “Di cervel dentro un pugno io sto, e divoro tanto, che quanti libri tiene il mondo non saziar l’appetito mio profondo : quanto ho mangiato! e del digiun pur non moro”. Nella primavera del 1588 arriva a Cosenza, “l’Atene delle Calabrie”, che in quel periodo gode il suo massimo splendore, ricca di effervescenza culturale, grazie all’Accademia Cosentina rifondata da B. Telesio.
Dopo un viaggio occasionale, svolto a bordo di una carrozza a quattro cavalli, ad accogliere il giovane Campanella nel convento dei Domenicani è padre Enriquez. E’ quì che il grande pensatore inizia a divorare i testi Telesiani introvabili altrove e si intusiasma per quello che considera il suo maestro di vita e che, pur non riuscendo mai ad incontrare personalmente, rimarrà sempre l’ispiratore della sua fisica e cosmologia. Il 3 ottobre del 1588 Telesio muore e Campanella, portandosi nel duomo per rendere omaggio alla salma del filosofo, da lui considerato il genio più grande di tutto l’intero secolo, per ringraziarlo dei suoi preziosi insegnamenti filosofici e per aver ricevuto l’ispirazione letteraria, getta sul catafalco una madrigale in latino di omaggio devoto.
Nell’autunno del 1588 Campanella viene allontanato dai suoi superiori dal convento, per aver pronunciato l’elogio funebre del filosofo eterodosso Cosentino e per aver stretto amicizia con un astrologo negromante di nome Abrahm. Fu trasferito nel convento di Altomonte, dove compose in pochi mesi una nutrita apologia del Telesio con il titolo di Philosophias sensibus demonstrata, la filosofia dimostrata con i sensi e non più appresa supinamente sui libri. Insofferente all’aristotelismo dogmatico inizia ad esplorare senza remore lo scibile del suo tempo. In seguito alle sue idee poco ortodosse in materia religiosa, si ritrovò ben presto nel mirino degli inquisitori.